Enologia in Sardegna

La vite in Sardegna è presente sin dai tempi più remoti e se ne trovano testimonianze già con i fenici e i cartaginesi e poi con i romani e gli spagnoli. Di certo nel Medioevo la viticoltura era già ben radicata nelle tradizioni sarde, come testimonia la “Carta de Logu”, emanata da Eleonora d’Arborea nel 1392, che imponeva l’impianto di vigneti per le terre incolte.

D’altra parte l’isola è ricca di vitigni autoctoni fra i quali il cannonau, il bovale, il carignano, la vernaccia, il vermentino, il nasco, il monica, il nuragus, ecc, anche se, secondo un’altra teoria, questi vitigni sono arrivati in Sardegna dal mare. Il Cannonau e il Vermentino sarebbero così giunti sull’isola grazie agli spagnoli, che li esportarono anche in Francia e sul litorale ligure; la Malvasia sarebbe successiva alla conquista veneziana di Bisanzio; il Nuragus sarebbe stato introdotto dai fenici e il Nasco di Cagliari probabilmente dai romani.

La superficie coltivata, pur se notevolmente diminuita tra il 1980 e il 1998 a causa di incentivo UE all’estirpazione dei vigneti, oggi ammonta a circa 40.000 ettari, con la produzione di 1,3 milioni di quintali di uva.

La Sardegna vanta un DOCG (denominazione di origine controllata e garantita), ossia il Vermentino di Gallura, 19 DOC e 15 IGT (indicazione geografica tipica). Le DOC in alcuni casi coprono l’intero territorio regionale e dunque accanto al nome del vitigno compare quello della regione (Cannonau di Sardegna, Monica di Sardegna, Moscato di Sardegna, Vermentino di Sardegna e Sardegna Semidano). In altri casi invece l’area è più ristretta e dunque si hanno ad esempio il Nasco di Cagliari, il Monica di Cagliari, la Vernaccia di Oristano, la malvasia di Bosa, il Carignano del Sulcis, ecc.

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Il Vermentino

Il Vermentino

Il Vermentino è un vitigno bianco che predilige i terreni sabbiosi e rocciosi tipici del disfacimento granitico della Gallura e attualmente è utilizzato per ottenere il DOCG “Vermentino di Gallura” e i DOC “Vermentino di Sardegna” e “Alghero Vermentino Frizzante”. Il Vermentino di Gallura ha ottenuto il marchio DOC nel 1975 e il DOCG nel 1996.
Quest’ultimo sottopone i produttori a regole molto severe (ad esempio a produrre non più di cento quintali di uva per ettaro e non più di 3 kg di uva per pianta) che consentono comunque di ottenere prodotti eccellenti che superano facilmente i 13 gradi. Nelle sue varie versioni (aperitivo, da dessert, da tavola) il Vermentino costituisce il 40% dei vini DOC sardi ed è esportato in Europa e negli Stati Uniti.
Una delle aziende di più antica tradizione nella produzione del Vermentino è l’Azienda Capichera di Arzachena, nata ben cento anni fa e rilanciata dai fratelli Ragnedda. L’attaccamento alla tradizione e l’amore per la terra si esprimono d’altra parte anche nell’etichetta dell’azienda, che rappresenta la Tomba dei Giganti di Coddu Vecchju, un monumento che caratterizza, insieme ad altre testimonianze protonuragiche, il suggestivo paesaggio su cui si stendono i vigneti. Partendo dalla qualità assoluta del prodotto, la cantina produce oltre al Vermentino di Gallura DOCG “Capichera”, anche un “Vendemmia Tardiva” che è l’orgoglio dell’azienda, anch’esso come il primo invecchiato in barriques di quercia francese, nonché alcuni Carignano (“Assajè, “Mantenghja”) provenienti dai vigneti tradizionali del Sulcis ma anche dai nuovi vigneti di Palau.
La zona di elezione per la produzione del Vermentino rimane comunque quella del Limbara, compresa nel triangolo Berchidda, Monti, Tempio Pausania. Ed è proprio dalla punta più alta del Limbara che prende il nome la Cantina del Giogantinu di Berchidda e il suo vino più famoso. Il “Giogantinu” è un Vermentino di Gallura DOCG Superiore che raggiunge l’eccellenza nella linea “Vigne Storiche”, da cui deriva un vino prodotto in quantità limitata (10 mila bottiglie) dai vigneti di Berchidda e Oschiri, vigneti di 70 anni coltivati ad alberello che producono solo 3.000 litri per ettaro. Ad esso si aggiunge il “Lughente”, il “Lughente Passito Vendemmia Tardiva”, oltre a molti rossi da vitigni Carignano e Muristellu (“Terra Mala”, “Terra Maliosa”).
A Monti invece i Vermentino di Gallura DOCG più famosi sono l’”Hisony” e il “Funtanaliras”. Il primo è prodotto dall’Azienda Pedra Majore, condotta da tre generazioni dalla famiglia Isoni, dal cui nome, forse di origine greca, deriva quello della sua etichetta più famosa. Il successo dell’azienda, che si è dotata di moderne attrezzature e si è avvalsa della consulenza del celebre enologo Donato Lanati, è dovuto all’utilizzo di uve scelte coltivate con il metodo dell’agricoltura biologica nei 60 ettari di vigneti che si stendono lungo le splendide vallate che dalle pendici del Limbara arrivano fino al mare. Il “Funtanaliras” invece è prodotto dalla Cantina del Vermentino di Monti e nasce da una selezione di uve proveniente da vigneti a 300/350 metri di altitudine. La Cantina, che è attiva da quasi cinquanta anni e coltiva con i suoi soci 350 ettari di vigneti, produce anche i Vermentini di Gallura DOCG “S’Eleme” e Il Superiore “Aghiloia”. A Tempio Pausania infine, la Cantina Sociale Gallura, che si avvale della direzione dell’enologo Dino Addis, produce il Vermentino di Gallura DOCG Superiore “Canayli”, vino che supera i 13°, e i Vermentini di Gallura DOCG “Gemellae” e “Piras”.
Un’altra area elezione del Vermentino è Alghero (SS), dove la cantina più famosa è senza dubbio la Sella e Mosca. L’azienda sorse alla fine dell’Ottocento vicino ad Alghero, in località Li Piani, laddove tremila anni prima i nuragici avevano eretto una necropoli, ricca di ben 38 tombe ipogeiche, i cui resti vennero alla luce durante gli scavi per l’impianto dei vigneti e il cui nome, Anghelo Ruju, identifica anche uno dei vini più noti dell’azienda. I fondatori furono due gentiluomini piemontesi che erano arrivati in Sardegna per una battuta di caccia, Erminio Sella (nipote del grande Quintino), un ingegnere minerario di gran cultura, e Edgardo Mosca, esperto di viticoltura, i quali avviarono un’impresa che sin dall’inizio si è distinta per la capacità innovativa e la ricerca sperimentale, con l’innesto di viti europee su piede americano.
Ancor oggi la produzione non è legata solo all’esaltazione dell’enologia sarda con i suoi vitigni autoctoni, ma si è spinta verso prodotti più adatti al gusto dei consumatori moderni ed è destinata all’alta ristorazione e alle enoteche, ma anche alla grande distribuzione. Inoltre l’azienda ha assunto una dimensione internazionale, con il passaggio del controllo alla Campari nel 2001, mentre la guida dell’azienda è stata affidata a Mario Consorte, enotecnico che vi lavora da più di quarant’anni. Nello stesso temp ai 500 ettari di vigneti sardi (sia nella zona di Alghero che nel Sulcis), in gran parte coltivati con vigne a pergola, si sono aggiunti 80 ettari in Francia e addirittura 200 ettari in Cina.
I vini più famosi dell’azienda sono il “Marchese di Villamarina Alghero DOC”, prodotto da uve Cabernet Sauvignon e più volte premiato con i Tre Bicchieri del Gambero Rosso; Il “Tanca Farrà Alghero Doc”, realizzato con uvaggio di Cannanau e Cabernet Sauvignon; “Le Arenarie Alghero DOC”, vino bianco con uve Sauvignon raccolte nei primi giorni di settembre. Accanto a questi vanno ricordati il “Terrerare Carignano del Sulcis DOC Riserva”, il “Cannonau di Sardegna DOC” e il “Vermentino di Sardegna DOC” Infine il già citato “Anghelo Ruju”, di cui è nota la longevità (esistono riserve del 1975, 1977, 1979), un vino da meditazione ottenuto da uve Cannonau lasciate maturare al sole su stuoie di canna fino a perdere il 50% di contenuto di acqua e poi vinificato e invecchiato cinque anni in botti di rovere.

Il Cannonau

Il Cannonau

Il Cannonau è il vitigno rosso più diffuso in Sardegna (circa il 28% della produzione viticola) e probabilmente proviene dalla penisola iberica (corrisponde allo spagnolo Alicante). Il vitigno viene utilizzato per produrre l’omonimo vino DOC “Cannonau di Sardegna”, ma anche in numerosi uvaggi per vini rossi.
Il Cannonau è un vino rosso rubino, dai riflessi granata, che emana profumi intensi di frutti di bosco e di spezie ed ha un gusto secco e sapido. La zona a più alta vocazione nella coltivazione del vitigno Cannonau è l’Ogliastra, una regione collinare che si estende tra il massiccio del Gennargentu e lo splendido mare di Arbatax e Barisardo.
Ed è proprio in questa zona che sorge Antichi Poderi, la cantina sociale di Jerzu (Nu), fondata nel 1950 per iniziativa di alcuni importanti personaggi locali intenzionati a razionalizzare la produzione del vino dispersa tra le cantine familiari e a fare del Cannonau un fattore di sviluppo.
Effettivamente oggi Antichi Poderi è un’azienda moderna, con elevati standard qualitativi raggiunti grazie a notevoli investimenti sia sugli impianti che sui vigneti, che si estendono dal mare fino a 700 metri di altezza. Il vino più celebre dell’azienda è il Cannonau di Sardegna Riserva DOC “Josto Miglior”, che prende il nome da uno dei fondatori della cantina, il medico e filantropo che più di ogni altro si spese per far conoscere il Cannonau anche fuori dai confini dell’isola. Ottimo anche il “Chuèrra”, che come gli altri vini della cantina nasce da una vinificazione in botti di rovere francese per un anno e mezzo.
Sempre in Ogliastra, a Cardedu (Nu), opera la Vitivinicola Alberto Loi , un’azienda di antiche tradizione oggi condotta dai discendenti di terza generazione del fondatore. Fra i vini prodotti dall’azienda su circa 50 ettari di vigneti sono da menzionare i due Cannonau di Sardegna DOC Riserva, il “Cardedo” e l’”Alberto Loi”, vinificati in silos d’acciaio e invecchiati in botti di rovere di Slovenia. Un Cannonau inaspettatamente potente e di recente successo sui mercati italiani e internazionali è il “Dettori Rosso”, prodotto a Sennori (Ss) nelle Tenute Dettori , note anche per i Cannonau “Tuderi” e “Tenores”. I 15 ettari di vigneti, che si affacciano sull’Isola dell’Asinara, alcuni dei quali vecchi di 130 anni, sono coltivati con metodi biologici (solo trattamenti con lo zolfo) e anche l’invecchiamento del vino avviene in vasche di cemento della prima metà del ‘900 e piccoli contenitori di acciaio anziché nelle barriques oggi tanto di moda.
Per un mercato di nicchia è invece il “Corriga”, prodotto dall’azienda Valle del Quirra a Tertenia (Nu). L’azienda è a conduzione famigliare ed è stata fondata da Giulio Deiana, profondo conoscitore del vitigno Cannonau grazie alla lunga esperienza maturata come enologo nelle cantine dell’Ogliastra. Il “Nepente di Oliena” è il Cannonau di Sardegna DOC fiore all’occhiello della Cantina Sociale di Oliena (Nu), fondata nel 1950 e costituita oggi da circa 100 soci. Il “Nepente” è un rosso secco ottenuto da uve Cannonau selezionate in vigneti coltivati su terreni non irrigui e molto soleggiati. Dalle vigne ad alberello allevate sugli stessi terreni proviene anche il Nepente di Oliena Riserva a produzione limitata denominato “Corrasi”, vino con due anni di invecchiamento dei quali uno in antiche botti di rovere di Slovenia e barriques, con ulteriore affinamento in bottiglia.
Anche la Cantina Sociale di Dorgali (Nu), nata nel 1953, lavora al 90% uve cannonau, le quali provengono oltre che dalla zona di Dorgali anche dagli altri vigneti dei soci che si estendono nella Barbagia e nelle Baronie. In tutto si tratta di 600 ettari di vigneti, di cui 65 si trovano nella vallata Isalle da cui prende il nome il Cannonau autoctono, i quali vengono utilizzati anche in funzione sperimentale, sia per le varietà integrative (Carignano, Cabernet, Montepulciano), sia per le tecniche colturali, diverse dal tradizionale alberello. La cantina dunque produce rossi poderosi, come il Cannonau di Sardegna DOC “Vallata di Isalle”, che viene posto in botti di rovere e in contenitori di acciaio e imbottigliato a 8-9 mesi dalla vendemmia, il “Noriolo” e il “Fuili”, affinati per circa due anni in barriques.

La Vernaccia

La Vernaccia

La Vernaccia è un vitigno bianco che predilige i terreni alluvionali costituiti da materiale di disgregazione rocciosa ed è infatti tipico della bassa valle del Tirso, in provincia di Oristano. L’ubicazione della sua ristretta area di diffusione induce ad ipotizzare che sia stato introdotto in Sardegna dai Fenici, fondatori della città portuale di Tharros, nella Penisola del Sinis. Il nome del vitigno è però probabilmente di origine romana e indica un’uva “vernacula”, ossia un’uva del luogo, tanto che la denominazione vernaccia è utilizzata in tutta Italia per indicare in generale i vitigni non altrimenti classificabili.
La Vernaccia in Sardegna è comunque il simbolo della storia e della cultura oristanese ed ha anche un retroterra leggendario in quanto la tradizione vuole che abbia origine dalle lacrime di Santa Giusta, patrona di Oristano, e che abbia proprietà terapeutiche contro la malaria, che nei secoli scorsi infestava queste zone paludose.
Dal vitigno Vernaccia è oggi prodotto un vino da meditazione molto famoso e apprezzato, la Vernaccia di Oristano DOC, dal colore giallo ambrato e dal sapore mandorlato, che raggiunge un’alta gradazione alcolica (15°-16°). La produzione dell’uva avviene in vigne generalmente ad alberello, con una resa che non supera i 60 quintali per ettaro. L’uva, che presenta un grappolo piccolo e serrato e ha acini tondi, è vendemmiata alla fine di settembre, quando raggiunge la giusta concentrazione zuccherina. Attraverso un naturale processo di ossidazione per opera di una particolare flora di lieviti (“flor”) e l’invecchiamento per tre, quattro anni in botti di rovere o castagno parzialmente scolme, si riesce ad ottenere un prodotto unico e caratteristico.
L’Azienda Vinicola Attilio Contini a Cabras (Or) si identifica da sempre con la Vernaccia di Oristano. La cantina è stata fondata nel 1898 e conserva ancora una conduzione a carattere famigliare, che consente un’attenzione particolare per la selezione delle vigne e delle uve, per la vinificazione e l’invecchiamento nel rispetto delle più antiche tradizioni locali.
L’azienda offre una serie di prestigiose Vernacce di Oristano: la “Vernaccia di Oristano Doc” invecchiata 10 anni in botti di rovere (e ben 15 anni nella edizione Riserva); il “Karmis”, ottenuto dalla vinificazione di uve vernaccia selezionate, con maturazione parte in barriques e parte in vasche in vetroresina; il “Pontis”, tipica Vernaccia di Oristano ma dal gusto dolce e morbido, frutto dell’appassimento delle uve sui tralci. Infine è da menzionare l’”Antico Gregori”, un cuvée delle migliori annate di Vernaccia con una base originaria dei primi decenni del secolo, rabboccata secondo il metodo “Solera” con una selezione delle migliori partite della Vernaccia Contini.
La Cantina Josto Puddu si trova invece a San Vero Milis (Or) e da circa quaranta anni produce con successo la Vernaccia di Oristano, che oggi si imbottiglia solo nell’edizione Riserva. L’azienda produce anche Vermentino, Monica, Cannonau e Nieddera (un altro vitigno tipico della zona) e conta, oltre che sull’esperienza di Josto Puddu, anche sull’entusiasmo dei giovani figli, in uno sforzo di ammodernamento finalizzato a puntare sulla qualità del prodotto e sullo sviluppo di un legame sempre più stretto con il turismo e l’enogastronomia del Sinis.

Il Carignano

Il Carignano

Il vitigno rosso Carignano, presente in tutto il Mediterraneo occidentale, ha origini incerte in Sardegna, anche se la sua diffusione limitata all’area del Sulcis e all’Isola di Sant’Antioco farebbe pensare a un’origine fenicia. Il vitigno, che produce un vino rosso molto alcolico che non ha particolari esigenze pedoclimatiche ed è molto resistente ai venti ricchi di salsedine provenienti dal mare tipici del sud-ovest sardo, nonché a malattie come la filossera. Dalle uve Carignano si ottiene il “Carignano del Sulcis” , il quale ha ottenuto il riconoscimento DOC nel 1977. Questo vino deriva da uve Carignano al 100% o all’85% con il concorso dei vitigni Monica, Pascale, Alicante ed è un vino dal profumo fragrante e intenso, con gusto secco e sapido, che raggiunge gli 11,5°. Il Carignano ha acquistato valore in Sardegna e sui mercati internazionali soprattutto grazie a Giacomo Tachis, il maestro degli enologi italiani, il quale, portando l’immaginazione e la scienza in cantina, ha esaltato un vino che veniva utilizzato quasi esclusivamente come vino da taglio. Giacomo Tachis ha “firmato” i due rossi più importanti dell’isola, il “Turriga” e il “Terre Brune”.
Il primo è prodotto dalla Cantina Antonio Argiolas di Serdiana (Ca), una grande azienda che opera dal 1918 e che oggi, guidata dai figli del fondatore, ha conquistato una dimensione internazionale con una produzione di 2 milioni di litri di vino l’anno. I vigneti si estendono per circa 200 ettari nella zona tra Sisini, Serdiana e Selegas, in località Sa Tanca, dove sono ospitate le varietà tradizionali (Cannonau, Monica, Carignano, Malvasia) e i campi sperimentali dell’azienda. Il “Turriga” Isola dei Nuraghi IGT è il vino più premiato dell’azienda (ha ottenuto per dieci anni consecutivi i Tre Bicchieri della Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso e Slow Food). E’ ottenuto da uvaggio Cannonau, Carignano e Bovale sardo con aggiunta di Malvasia Nera ed è invecchiato in barriques di quercia francese per 18 mesi. Il carattere prettamente sardo di questo vino e del suo uvaggio è ben rappresentato dall’etichetta del Turriga, che riporta l’effige di una scultura nuragica raffigurante la Grande Madre, la divinità primigenia della civiltà mediterranea. Fra i rossi della cantina è da menzionare anche il “Korem” Isola dei Nuraghi IGT, ottenuto da uve Bovale, Carignano e piccole quantità di Cannonau, e il “Costera”, Cannonau di Sardegna DOC. Fra i bianchi invece si distinguono il “Selegas”, Nuragus di Cagliari DOC, il “Costamolino” e l’”Is Argiolas, ambedue Vermentino di Sardegna Doc”.
Infine l’”Angialis”, vino da dessert prodotto in quantità limitata, ottenuto con uve Nasco e piccole quantità di Malvasia di Cagliari portate a surmaturazione.
Il “Terre Brune”, l’altro famoso Carignano del Sulcis DOC, è prodotto dalla Cantina Sociale Di Santadi (Ca). L’ascesa della cantina, fondata nel 1960, è da ascrivere negli ultimi trenta anni al suo presidente Antonello Pilloni e al già menzionato enologo Giacomo Tachis. La cantina oggi conta 250 soci e circa 500 ettari di vigneti ad alberello estesi sulle arenarie e le trachiti (le terre brune appunto) del sud-ovest sardo. Il “Terre Brune”, che nasce da un uvaggio Carignano e Bovaleddu (5%) e raggiunge i 14°, ha conquistato i mercati internazionali ed è stato inserito nelle carte dei vini dei più famosi ristoranti di Tokyo, New York e Sidney. Ad esso si affiancano altri rossi (come il “Rocca Rubia”, Carignano del Sulcis DOC Riserva; Il “Grotta Rossa”, Carignano del Sulcis DOC da uvaggio carignano al 100%; l’”Antigua”, Monica di Sardegna DOC) e raffinati bianchi (Il “Cala Silente”, Vermentino di Sardegna DOC; Il “Pedraia”, Nuragus di Cagliari DOC; il “Latinia”, vino da dessert da uve

Curiosità

Curiosità

D’Annunzio e il Nepente d’Oliena

Nel 1910 Gabriele D’Annunzio scrisse un articolo sul Corriere della Sera intitolato “Un itinerario bacchico”, il quale era ispirato ad una lettera scritta l’anno prima da Marina di Pisa a Hans Barth, giornalista tedesco residente a Roma e profondo conoscitore dei vini italiani, tanto da essere autore di un libro sull’argomento. Nell’articolo D’Annunzio dice che lui “acquatile” non potrebbe dare al Barth notizie delle taverne pisane ma, ricordando un suo viaggio giovanile in Sardegna fatto in compagnia di Edoardo Scarfoglio e di Cesare Pescarella, afferma che, se l’amico gli farà visita, "...io vi prometto di sacrificare alla vostra sete un boccione d'olente vino d'Oliena serbato da moltissimi anni in memoria della più vasta sbornia di cui sia stato io testimone e complice.... Non conoscete il Nepente di Oliena neppure per fama? Ahi lasso! Io son certo che, se ne beveste un sorso, non vorreste mai più partirvi dall’ombra delle candide rupi, e scegliereste per vostro eremo una di quelle cellette scarpellate nel macigno che i sardi chiamano Domos de janas, per quivi spugnosamente vivere in estasi fra caratello e quarteruolo. Io non lo conosco se non all'odore; e l'odore, indicibile, bastò a inebriarmi."… A te consacro, vino insulare, il mio corpo e il mio spirito ultimamente….Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odor tuo, e del tuo colore avere il mio naso sempre vermiglio. E, come il mio spirito abbandoni il mio corpo, in copia di te sia lavata la mia spoglia, e di pampini avvolta, e colcata in terra a piè di una vite grave di grappoli; ché miglior sede non v’ha per attendere il Giorno del Giudizio” Gabriele D’Annunzio ,“Un itinerario bacchico”, Corriere della Sera del 15 febbraio 1910

Museo del Vino di Berchidda

Il Museo del Vino di Berchidda è il primo museo multimediale enoico in Italia. Lo spazio museale infatti comprende una aula didattica organizzata come spazio polivalente e una sala multimediale dove il visitatore compie un viaggio alla scoperta della cultura enoica attraverso giochi interattivi, strumenti audiovisivi e un vero e proprio somellier virtuale. La sala espositiva, adiacente alla cantina e all’enoteca, ospita gli oggetti della cultura enoica, con strumenti e mezzi meccanici che testimoniano l’evoluzione della viticoltura e della vinificazione nel corso dei secoli: vasche per la pigiatura e la fermentazione, fondi di torchio finemente scolpiti, recipienti in granito per raccogliere il mosto. Intorno al museo si estende infine un vigneto didattico immerso nel verde della macchia mediterranea. Museo del Vino di Berchidda Via G. Deledda 151 Berchidda (Ss)

La vite più vecchia d’Europa

Secondo un censimento dell’assessorato regionale all’agricoltura svolto nei primi anni Novanta, la vite più vecchia d’Europa si trova a Mandas (Ca) e costituisce un pezzo di storia dell’antico paese ducale. La vite si trova nel cortile di una vecchia casa colonica al centro del paese, casa Dejana, dove fu impiantata nel 1860 rispettando un’usanza molto diffusa all’epoca. Si tratta di un ceppo su piede europeo alto quattro metri, che ogni anno produce almeno cento chilogrammi di un’uva denominata “galoppo”.